Asteya – Non rubare

Asteya non rubare

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Non rubare: dalla norma sociale condivisa alla via dello Yoga

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“Laddove l’astensione dal furto si sia fermamente radicata, brilla ogni sorta di
gemme”

“Non rubare” è il terzo Yama, espresso nel sutra 37. Ancora una volta Patanjali prosegue nell’enunciazione delle norme finalizzate alla riduzione della distanza tra sé e l’Altro; come per i precedenti Yama, non si tratta di norme in origine finalizzate a regolamentare il contesto sociale, bensì di indicazioni specifiche per il sadhaka sulla via dello Yoga. Tuttavia è facile, anche per questo Yama, ritrovarvi una chiara, rigorosa e condivisa norma sociale: come non pensare inoltre al settimo comandamento di cristiana tradizione o, più banalmente, a qualsiasi legge formulata dalle comunità umane del nostro pianeta? Convergenze non casuali.

Una pluralità di significati

Il “non rubare” qui esposto va inteso entro una pluralità di significati: non rubare una proprietà, ma anche un’idea (si pensi all’attualità del tema dei diritti d’autore), una relazione, un’emozione (si pensi alla manipolazione emotiva)… non ci si riferisce sicuramente al solo non rubare inteso come azione sanzionata ufficialmente in ogni società; ancora una volta il senso dello Yama è molto più vasto, raggiungendo idealmente un valore assoluto. Enorme dovrà quindi essere la consapevolezza del praticante per attendere pienamente ad Asteya. Si tratta ad ogni modo di una direzione a cui guardare, non di una porta certa per un paradiso là da venire…
Asteya, come per tutti gli Yama, va inteso anzitutto come disposizione interiore: non è solo il gesto, l’azione, che conta, ma anche – soprattutto – la tensione interiore verso quell’azione. Nella tradizione è detto che il karma si generi già con l’intenzione. Si torna così ancora una volta al tema di Raga, il desiderio, la brama di avere altro-da-sé nell’illusione che questo ci possa completare, possa fare la nostra felicità (vedi qui). Asteya completerà idealmente il suo significato integrandosi con i successivi Yama e Niyama, Aparigraha e Santosha (vedi qui), che vedremo in seguito. Patanjali ci dice quindi che solo alla realizzazione dello Yama inizierà a “brillare ogni sorta di gemme”. Con quest’espressione il saggio fa riferimento a due ottenimenti: da una parte che l’unica ricchezza reale è l’avvicinamento alla propria Essenza, la quale non ha bisogno di nulla, dall’altra fa riferimento ad una specifica siddhi, ovvero la capacità di “vedere” le altre persone e ciò che hanno.

Asteya impermanenza

Asteya e l’impermanenza

La riflessione su Asteya non può quindi che rimandarci al tema dell’impermanenza: che senso ha affannarsi dietro i più svariati ottenimenti, fino al punto di volerli rubare, se nulla è davvero nostro e tutto alla fine andrà perduto? Si tratta di una riflessione eufemisticamente non leggera, ma importante da fare. Almeno ogni tanto. Quando la morsa della bramosia ci stringe, ad esempio.

Un modo di dire ricorrente nel mondo dei percorsi spirituali è che ogni cosa, compresa la nostra vita, è come se ci fosse stata data in prestito. La curiamo, ma evitiamo di attaccarci ad essa, perché tanto prima o poi dovremo cedere tutto.

Si tratta tuttavia di un principio che scorna non poco con i valori della società consumistica, quale è quella contemporanea, da Est a Ovest, da Nord a Sud. Come mai ciò? Perché ancora una volta Patanjali, dicendo quello che non dovremmo fare sulla via spirituale ci dice chi siamo nel profondo: racconta indirettamente la natura umana. Il suo naturale dispiegarsi. Non si tratta di colpe, di giusto o di sbagliato, santità o peccato: bisogna uscire da questa logica per comprendere la dimensione del riferimento. Bisogna piuttosto iniziare a vedere la natura umana per quella che è: un adattamento ad un mondo sfidante. E nel corso dell’evoluzione – non certamente solo umana – la strategia del furto ha portato i suoi frutti. Se inizialmente si trattava di soddisfare i bisogni primari in un contesto di competizione per le risorse, nelle società dell’opulenza – e in tutte le altre che le prendono a modello ideale, comprese le più povere del pianeta – si cerca sempre qualcosa oltre. Si vuole di più. E’ più importante l’accumulare per sé che il condividere, nonostante il maggiore benessere potenziale che quest’ultima modalità si porterebbe dietro. Si pensi alle società cosiddette “in via di sviluppo” dove la corruzione e altri comportamenti simili sono estremamente diffusi (sì, decisamente non solo lì, si sa).

Per fortuna, per ingiunzioni come il non rubare, le comunità umane – almeno in linea di principio e con le consuete molte eccezioni di fatto – si sono accordate già da tempo. E nonostante ciò la pulsione resta e l’occasione continua a far l’uomo ladro. Attraverso i millenni.

Un esercizio di consapevolezza

Prospettive “macro” a parte, per tornare a Patanjali, il furto è insieme un atto di violenza e di falsità, ovvero viola gli altri due Yama precedentemente discussi, a ricordarci il principio di interdipendenza tra le tensioni primarie della natura umana – e di riflesso le norme di Patanjali che ci vogliono aiutare a superarle. In questo senso l’esercizio della consapevolezza di noi stessi e del nostro agire nel mondo, che proviene ad esempio dalla pratica dello Yoga, ci può essere di grande aiuto per gestire queste spinte radicate nella dimora più ancestrale del nostro essere.

Per uscire dal gioco della sofferenza inflitta agli altri e in ultimo, di riflesso, a sé stessi.

Tra psicologia e metafisica: perché dovrebbe convenire non rubare?

Mettiamo un attimo da parte i profili umani più sociopatici e proviamo a rivolgere la nostra attenzione a due esempi piuttosto comuni:

Giampio, per una ragione o per l’altra, è una simpatica canaglia; disonesto e accaparratore, si diletta nel furto come passatempo e sfida. Totalmente autoriferito nel pensare e nell’agire. Potrebbe anche fare (molta) carriera in certi ambiti, per carità.

Gianmarietta è onesta, gentile e altruista. Non è una sprovveduta. Semplicemente segue dei principi e le piace trovare armonia, fiducia e serenità nelle relazioni umane. Forse non diventerà la nuova AD della sua azienda, ma per lei questo non è un problema. Non le interessa affatto, le sue priorità sono altre.

Con chi tenderanno ad accompagnarsi nel loro cammin di vita? E che implicazioni avrà ciò?

Giampio con ottime probabilità finirà col frequentare per lo più gente come lui, che tenterà di fargli le scarpe alla prima occasione, esattamente come tenterà di fare lui. I rapporti saranno quelli che saranno e probabilmente avrà molte relazioni disfunzionali, opportunistiche, false. Sul lungo periodo, che qualità di vita ci possiamo attendere per il nostro Giampio? La risposta viene da sé.

Gianmarietta al contrario tenderà ad “attrarre a sé” persone simili a lei (certo, non solo; ma questa è un’altra storia e non stiamo assumendo che Gianmarietta sia una vittima sprovveduta, come spesso si tende a fare in associazione a qualità umane positive). Con queste persone si supporterà, vivrà probabilmente meglio e più serenamente.

Questi semplici esempi sono solo per dire che seguire un principio come quello del non rubare non ha solo valore etico o morale, bensì può offrire degli indiretti risvolti positivi pratici, sostanziali, nella propria esistenza. I quali possono fare la differenza tra il vivere male, affannosamente, rabbiosamente, la propria vita… e l’essere in grado di rilassarsi e scambiare onesti sorrisi col prossimo. Questo è il senso pratico del discorso. E se poi fossimo anche interessati al percorso di Patanjali, beh, avremo fatto un passo in più.

Ps
Nessuno degli esempi forniti vuole avere valore assoluto, come si spiega chiaramente qui; la realtà è sempre più complessa e difficilmente prevedibile. Tuttavia esistono delle “tendenze” che possono aiutarci ad orientare noi stessi e i nostri cari (si pensi ad esempio all’educazione dei propri figli) verso vie più proficue di altre.

Pensa alla vita come ad una vasca di squali e ti circonderai di squali.

Pensa alla vita come un vasto cielo e schiuderai le tue ali alle sue infinite possibilità.

Author
Angelo Bertuccio
Angelo Bertuccio

Insegnante di Yoga Integrale

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