Ma in summa sintesi, cos’è praticamente e come funziona lo Yoga?
In occidente si è soliti pensare allo Yoga come una sorta di ginnastica o dolce o per contorsionisti; in realtà, come scopriremo, è molto di più. “Yoga” è una parola sanscrita usata in varie tradizioni spirituali dell’India con una grande varietà di intendimenti, aventi tutti in comune il senso generale che si può estrapolare dalla sua etimologia: la radice yuj-, verbo il cui significato è “unire”, “legare”, “aggiogare”. La parola compare inizialmente negli antichi testi della cultura vedica con riferimento al controllo dei sensi e della mente. Nella successiva metafisica delle varie forme di Yoga sviluppatesi nel tempo ha assunto il significato di riunione con la Realtà Assoluta (Brahman).
Ma in summa sintesi, come funziona lo Yoga? Il principio base su cui sono organizzate le sue molte pratiche è quello dell’armonizzazione tra corpo, respiro e mente: alla luce di ciò, estensivamente, ogni atto del nostro vivere può divenire occasione per praticare Yoga. Si parte dal tappetino e un po’ alla volta si apprende a portare i suoi insegnamenti nel quotidiano. Lo Yoga insegna a vivere non reattivamente (leggi impulsivamente, sotto la spinta reattiva delle emozioni del momento, ad esempio), a mantenersi calmi e centrati. Otterremo così il duplice risultato di porre in essere un’azione più efficace in relazione alle circostanze e insieme ridurre le tensioni che inevitabilmente tendono ad accumularsi nel corpo e nella mente, lo stress; figurativamente insegna a rimanere nel proprio centro durante le varie tempeste interiori ed esteriori attraverso le quali ci troviamo a navigare durante le nostre vite.

Yogaś-citta-vṛtti-nirodhaḥ
“Lo Yoga blocca le fluttuazioni della mente”.
Quello riportato è il celebre secondo sutra (lett. “filo”, tradotto classicamente con “aforisma”) degli Yogasutra di Patanjali, il più antico testo dove si parla di Yoga dopo il riferimento ai veda citato in apertura. Datato in maniera imprecisa nei primi secoli intorno all’anno zero dell’era cristiana, nel testo vengono introdotti i capisaldi del percorso del Raja Yoga (“Yoga Reale/Superiore”), ovvero lo “Yoga della mente”, divenuto in seguito una delle basi filosofiche e operative più importanti dello Yoga. In questo testo la mente viene descritta come una perenne vibrazione: si immagini una superficie liquida agitata: questi tumulti sono le vṛtti. Compito dello Yoga è rallentare e infine fermare queste fluttuazioni. Rendere la mente calma, limpida. Un beneficio che prescinde dagli approdi metafisici delle sue implicazioni (che saranno trattati in un successivo approfondimento), quindi dalle proprie convinzioni religiose o filosofiche che siano. In questo senso viene definita – con un po’ di tolleranza! – una vera e propria “scienza” pratica: la scienza del calmare la mente.
Chiarita per sommi capi la sua origine, lo Yoga oggi può essere inteso (dovrebbe solo essere inteso, direbbero alcuni) nella sua accezione classica di preciso percorso dogmatico e talvolta settario, oppure, come va forse un po’ discutibilmente di moda oggi, vera e propria attività sportiva volta al miglioramento della propria prestazione psico-fisica; o ancora – più vicino all’intendimento originario ma aperto a tutti coloro che cercano di migliorare la qualità del proprio essere al mondo – come un eccezionale percorso di sviluppo della Consapevolezza, per aprire e riplasmare la mente. Per trovare una maggiore lucidità e serenità nell’affrontare le sfide e i disagi dell’esistenza. In questo senso il corpo diviene uno strumento, non la finalità. Vedremo più avanti le profonde implicazioni di questo fondamentale distinguo.
Quello dello Yoga è un percorso i cui principi essenziali prescindono dal tempo e dalla cultura di riferimento, per cambiare, letteralmente, la propria esperienza e il proprio sguardo sul mondo.