Saucha: pulizia come purificazione
Saucat svanga-jugupsa parair asamsargah
“Dalla pulizia viene l’indifferenza e il non-attaccamento tanto per il proprio corpo
quanto per quello degli altri”
Sattvashuddhi-saumansyaikagryendriya-
jayatma-darsana-yogyatvani ca
“Dalla purezza della mente deriva letizia, concentrazione, controllo dei sensi, visione
di (del) sé”
Saucha in sanscrito significa letteralmente “pulizia”. Nella nostra psiche pulizia e purificazione viaggiano insieme: la mente infatti tende a costruire spontaneamente ponti semantici, creare associazioni tra significati. In questo senso è noto in ambito spirituale il concetto di purificazione, comune ad esempio a tutte le religioni. Il sistema dello Yoga, in questo senso, non fa eccezione. Al tema della pulizia Patanjali dedica ben due versi, unico caso tra i sutra degli Yama e Niyama; il primo sutra (il 40) è dedicato alla purificazione del corpo, il secondo (il 41) alla purificazione della mente. La purificazione è una delle chiavi principali per giungere al proprio Sé nucleare, l’Essenza verso cui ricondurre il proprio sguardo; la scintilla parte del fuoco da cui tutto origina, per stare nella narrativa classica dello Yoga.
Si pensi ad un contenitore di acqua intorbidita da una sospensione che la rende opaca, che non consente alla luce di filtrare per permetterci di vedere cosa vi è deposto nel fondo.
Riprenderemo il concetto di purificazione quando parleremo di un altro importante Niyama, Tapas, il fervore nella pratica.
La pulizia del corpo
Il primo sutra richiama l’importanza della pulizia del corpo; un corpo sporco è un corpo che richiama attenzioni, distraendo dal compito di focalizzare la mente. A tal riguardo può essere interessante rilevare come nella clinica psicologica uno degli indicatori classici di disagio interiore sia proprio la mancanza di cura e igiene personale (per un approfondimento scientifico sulla relazione tra igiene e salute mentale, link qui). Va da sé che, come sempre, la cultura ha l’ultima parola: se per noi igiene personale vuol dire toeletta quotidiana con trucco e parrucco, per un sadhu indiano potrebbe essere il semplice bagno quotidiano nel fiume sacro e successivamente ricoprirsi di cenere. Il comportamento di pulizia è inoltre estremamente comune tra gli animali di tutte le specie, chiaro indizio di una più o meno ovvia funzione adattiva: sopravvivere al proliferare di batteri, virus, funghi, parassiti ecc.
Nella pratica dello Yoga è classicamente consigliato di sciacquarsi almeno la testa, le mani e i piedi prima di praticare, idealmente farsi un bagno; il ruolo dell’acqua, oltre che simbolico, è anche pratico, funzionale, consentendo di gustare fisicamente la sensazione di unitario benessere data dalla stimolazione cutanea uniforme offerta dall’acqua sul corpo. Il corpo inizia a “farsi uno”.
Se non lo si fa abitualmente, si provi a farsi una doccia subito prima di praticare o almeno rinfrescarsi con una salviettina piedi, collo e viso.
Un corpo pulito è quindi un corpo psichicamente meno invadente, più facile “da dimenticare”; naturalmente il riferimento alla cura di sé non va frainteso con la cultura narcisistica dell’ossessione per il corpo che va di moda oggigiorno.
Potrebbe invece apparire meno chiaro il riferimento del sutra 40 alla maturazione dell’indifferenza per il corpo dell’altro, chiaro riferimento all’attrazione sessuale: il richiamo va al fatto che il praticante concentrato, in grado di seguire la sua sadhana al meglio, sarà anche nelle migliori condizioni per sviluppare prima gli attributi della pratica, tra cui il Vairagya per il corpo, il distacco: da cui l’assenza di desiderio per l’altro. Parliamo degli stati di realizzazione più alti della meditazione, non certo della singola lezione del moderno Hatha-Yoga, che può avere effetti diametralmente opposti in virtù del rilascio di testosterone seguente alle pratiche più intense di Yogasana, le posizioni dello Yoga.

La pulizia della mente
Nel sutra successivo Patanjali ci indica l’importanza della purificazione mentale: la purificazione dalle tracce lasciate dalle nostre esperienze e desideri (samskara e vasana, di cui parleremo più avanti), che conserviamo in memoria e costituiscono il “filtro” col quale leggiamo e ci poniamo nei confronti del mondo; in altre parole, una sorta di condizionamenti per lo più inconsci. Al riguardo, un buon suggerimento generico è quello di evitare di esporsi eccessivamente a esperienze o suggestioni disturbanti… basta un po’ di buon senso: se prima di dormire si vedrà un film violento, la notte seguente con buone probabilità si avranno degli incubi. Giorno dopo giorno quella violenza sarà in varie forme interiorizzata, compromettendo (anche) la stabilità della meditazione. Ma la purificazione della mente di cui parla il grande saggio Patanjali può essere intesa ben oltre ciò che si è fin qui articolato: riguarda infatti l’indispensabile percorso di disvelamento di sé, la necessità di vedere lucidamente chi si è e il proprio mondo interiore, per quanto ai nostri occhi e modelli culturali di riferimento esso possa apparire “sporco”, impuro.
Come sempre, ci si osserva senza giudicare.
Ciò che è nascosto sotto al tappeto va visto e portato alla luce: solo attraverso la conoscenza di sé è possibile evolvere sé stessi attraverso l’acquisizione di modi più proficui di porsi con sé stessi e nel mondo.
Gli Shatkarma, le purificazioni dello Yoga
Una nota finale non può che riguardare gli Shatkarma, “le sei azioni” che nell’antichità segnavano l’iniziazione all’Hatha Yoga, ancora oggi eccellente strumento di purificazione del corpo e controllo della mente:
- Neti: pulizia del naso
- Nauli: massaggio addominale
- Dhauti: pulizia del tratto digestivo superiore
- Basti: pulizia del colon
- Kapalbhati: pulizia dei bronchi
- Tratak: purificazione della mente
Alcune di queste pratiche sono piuttosto sfidanti e necessitano di ritiri dedicati per poter essere illustrate e praticate in tranquillità e sicurezza.
Ora non resta che sciacquarsi un po’… e iniziare a praticare!